Paolo Asolan è un sacerdote diocesano che nel libro “A Santiago!” (edizioni San Paolo) non racconta un viaggio ma un pellegrinaggio un percorso interiore realizzato con un cammino verso la tomba di San Giacomo in Galizia.
Come viene ricordato nel libro si tratta di un dono condiviso con altri pellegrini. L’autore si domanda cosa resta dell’esperienza del pellegrinaggio a distanza di vent’anni.
Don Asolan, vent’anni fa, cercava una risposta alla sofferenza causata dalla morte del padre e l’inerzia che provava come sacerdote nel cercare di reagire accorgendosi che nonostante l’impegno e gli sforzi fatti non riusciva a cambiare le cose.
L’esistenza non è un problema che possiamo risolvere da soli; è un cammino che dobbiamo fare con altri come noi con Dio a nostro fianco.
Non si può cambiare tutto ciò occorre accettare di essere pellegrini e di affrontare quel percorso che ci porta a scoprire l’essenziale della vita.
Il cammino deve essere vissuto da pellegrino non da turista; solo così si entra in contatto con il mondo e la civiltà del pellegrinaggio.
Il pellegrinaggio è un percorso interiore non può seguire logiche di mercato o turistiche rimuovendo così la dimensione spirituale o religiosa.
Lo si può definire come un distacco dal quotidiano alla ricerca di un essere invisibile trascendente che dia significato ai cammini che ogni giorno decidiamo di percorrere.
Da sempre l’uomo è un pellegrino ed il camino de Santiago è tornato di recente ad essere un fenomeno di massa. Come già detto non si tratta di un racconto ma il diario di un percorso interiore che concede a chi lo vive con spiritualità di scoprire se stesso ritrovando l’essenzialità dell’esistenza che non si traduce in un ragionamento ma nella possibilità di un incontro.
Possiamo avvicinarci al Signore smettendo di fuggire raggiungendo quel luogo interiore dove non si era mai giunti prima; il luogo dentro di noi dove Dio ha scelto di dimorare per darci la sicurezza dell’abbraccio del Padre.